giovedì 28 maggio 2020

Le crisi e l'agire

Tante volte ho sentito dire che una difficoltà, una cosa fastidiosa o  un periodo di crisi possano essere visti come una opportunità di crescita e realizzazione personale. Per lo più mi sembravano discorsi retorici, altre volte invece ho avuto la netta sensazione che fosse un tentativo di indorare una pillola al fine di fregarmi. Poi è arrivata la pandemia come nuovo spunto di riflessione.

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Di fronte ad una crisi si può subire, rimanere fermi, che poi è involvere, appiattirsi, sprofondare e una volta finite le poche forze lasciarsi digerire. Avremmo potuto evitare ristrettezze o mascherine, continuare la vita come sempre, il lavoro di sempre negli ospedali. Anche nella vita quotidiana lasci che la crisi agisca indisturbata e forse non ne esci più.

Si può invece reagire, raccogliere tutte le forze che si hanno a disposizione e combattere. Metti le mascherine, stai a casa, chiudi reparti ospedalieri standard per lasciare spazi alle rianimazioni o posti per infetti da Covid-19, non puoi andare a messa e quindi stai a casa. Nella vita quotidiana subisci un torto? vai dall'avvocato, se ti viene una malattia prendi le medicine, se sei in crisi con la tua fidanzata cerchi di riconquistarla. 

Un terzo modo mi sembra ora il più virtuoso: agire. Non solo non subire, neanche la semplice reazione a qualcosa, bensì un ragionamento a più lungo termine per cominciare fin da subito a creare basi nuove per un futuro virtuoso. In questo periodo ho provato a sognare un mondo migliore per domani: ho cercato di riscoprire una vita a dimensione locale e a ritmi meno frenetici, basata su un bisogno di essenzialità e non di bisogni indotti, una vita di fede che da privata in collettività possa diventare comunitaria familiare, ho provato a ragionare su nuove basi collaborative di formazione universitaria, ho visto il mio ospedale provare a dare nuova organizzazione per il futuro, ho immaginato una organizzazione funzionale del mio lavoro.

C'è stato dibattito attorno al ruolo che questa pandemia potrebbe avere per il futuro della nostra società: ci migliorerà? Cì manterrà uguali a noi stessi una volta che sarà finita? Saremo addirittura peggiori? Credo che almeno in parte dipenderà da quale strategia tenderemo ad adottare. 


domenica 3 maggio 2020

Età adulta - sano di umanità

L'età adulta è come una pandemia, pervade ogni cellula del corpo.
Non è semplicemente l'età anagrafica che fa invecchiare, sono piuttosto quegli schemi mentali e quelle paure che mi costruisco ad ingabbiare i pensieri, analogo al dover stare in quarantena con la primavera che rinasce fuori casa.
Penso al lavoro e alle sue responsabilità, come se non ci fosse altro. Succede per carattere ma anche perché fin dal primo giorno mi hanno instillato l'idea che altro proprio non ci sia. Sono di valore solo se disponibile, solo se accondiscendente, se inquadrato. La paura di aver perso già molte occasioni e di non averne in futuro.
Penso alla vita fuori: una moglie, il desiderio di diventare genitori in futuro, gli amici. Quella sensazione che la strada da percorrere sia un progressivo appiattimento di entusiasmi e desideri. La famiglia del mulino bianco congelata in una eterna colazione dove l'unico atto creativo sia scegliere le macine o i galletti.

Mi viene spesso in mente un passo di un libro di Terzani: durante gli studi in giurisprudenza alla Normale di Pisa si fermò a parlare con un suo brillante compagno, uno dei migliori, che studiava molto poco e spendeva gran parte del suo tempo in viaggi e altri interessi. Convennero che questo modo di vivere ampliava il suo orizzonte e rendeva unici il suo apprendere e la sua futura vita adulta.

Mi accorgo che la primavera è qui per me, ancora una volta.
Con la sua esplosione di luce, colori e profumi mi ricorda che le mie cellule sono vive, e ancora giovani. Sono stato concepito per essere a mia volta creativo, sono stato creato con caratteristiche che mi rendono pieno di interessi e di desideri, pensato per esprimere una forza vitale.
Non si tratta di lasciar perdere il lavoro e le sue responsabilità, non si tratta di non coltivare relazioni mature, rimanere un eterno peter pan. Si tratta di fare tutto questo mantenendo tutte le caratteristiche che hanno sempre fatto di me la mia versione migliore possibile.
Continuerò ad avere entusiasmo e responsabilità, interrogarmi su me e ciò che mi circonda, continuerò a scrivere quel che vivo, a cantare e suonare le mie emozioni, a disegnare il mondo che vorrei, a viaggiare per sperimentare altri modi di vivere, a voler assaggiare la cosa più particolare del ristorante e a condividere tutto questo con le persone che amo di più, ridendo di gusto.

Così sarò Riccardo, non semplicemente più adulto, ma più uomo.
Non più malato di età adulta ma sano di umanità.