Oggi ho avuto una epifania di senso. Facendo un refresh ricordo la situazione: io vestito bene, camicia, pantaloni, camice. Ebbene sì, camice. Ero in ospedale e stavo parlando con due medici (un neurologo e un angiologo) e una mia compagna (ciao Sonica).
Come al solito davanti agli aneddoti e alle conoscenze di alcuni medici comincio ad impaurirmi per la mia sensazione di inutilità e mancata conoscenza della materia. E vengono così tutte le paure solite della mia età, della mia professione. La paura di non riuscire a passare gli esami, quella di non laurearsi, non entrare in specialità e non trovare lavoro. La paura di non poter sposare la donna che si ama oppure di farlo troppo da vecchi.
Poi mi cade l'occhio sulle vere alle dita dei due medici, sul sorriso che i due sfoggiano raccontando le esperienze più o meno ridicole, sicuramente aneddotiche e anche didattiche, alle loro vicende avvicendate che li hanno portati ad essere lì in quel momento. Ed ecco che si palesa la magia.
Senza rendermene conto penso che gli esami vanno prima studiati, e che studiare quel che studio è bellissimo; penso che da esame si passa alla laurea, e poi alla specialità e al lavoro. Che le possibilità sono infinite e la vita ti mette davanti a percorsi assurdi, ma splendidi. Penso che se amo una donna non sarà un problema la data del matrimonio, e che verrà da sé, così come la famiglia. Insomma ho pensato che tutto è raggiungibile e che è una sensazione bellissima essere vivo. Quando tutto è ancora da fare, e tutto può essere fatto.
Mi dispiace solo di una cosa: ho un po' frenato il sorriso che sentivo nascere, ed ho un po' strozzato l'emozione per evitare un comportamento "atipico ed estemporaneo" davanti ad altri. Magari il mio sorriso avrebbe nutrito anche loro.